Su
Minima educationis, il pedagogista Benedetto Vertecchi, docente di Pedagogia sperimentale
presso l'Università Roma Tre, se la prende con la balzana idea della ministra Giannini di introdurre nella scuola primaria l'insegnamento di una
disciplina in lingua inglese.
"...Accade, invece, che i modernizzatori di turno si sforzino di coprire la
mancanza di una politica della lingua italiana, quella parlata da le genti del bel paese là dove ‘l sì suona»
(Inf. XXXIII, vv. 79-80), spingendo a usare la lingua imperiale (o,
meglio, la sua versione impoverita, che meglio risponde alle esigenze
della globalizzazione). Rettori a caccia di lustrini, ministri che
spesso come rettori si erano già insigniti di quei lustrini,
tablerondisti che si intendono di educazione come della coltivazione
dei pomodori su Marte, prima hanno sostenuto l’opportunità di impartire
l’insegnamento in inglese nelle università, ora vanno sostenendo la
necessità che per parte dell’attività didattica si usi tale lingua già
al livello primario. Hanno mai riflettuto questi signori sulle
conseguenze delle loro scelte? Invece di continuare la campagna
promozionale sulla Buona Scuola, non sarebbe il caso di promuovere, non
solo nelle scuole, ma nell’intera società, iniziative per la diffusione
della conoscenza della lingua italiana, della letteratura, dell’arte,
della musica? L’Italia è il paese di Galileo: ma quanti italiani hanno
mai letto una riga dello studioso che ha fornito (in una splendida
lingua italiana) un contributo determinante allo sviluppo delle scienze
sperimentali? Purtroppo, si deve aggiungere: quanti sarebbero in grado
di capire testi come il Dialogo sui massimi sistemi?...".